Prende il cappotto e se lo mette sulle spalle. Dieci di sera. La sciarpa ce l’ha, il cappello anche.
Aria fredda, un po’ come tutte le sere a quest’ora, con la gente dentro casa che non c’ha per niente voglia di stare in giro. E forse è pure per questo che fa così freddo, perché per le strade non c’è nessuno che scalda l’aria e l’asfalto.
Due giri di chiave solo, così quando torna non fa tanto rumore, che la moglie dorme e la più piccola anche. Basta che non girano il chiavistello, se no succede come l’altro ieri, che ha dovuto citofonare e svegliare tutti. Dice che s’è svegliata pure la vecchia del piano di sopra perché nel pieno della notte ha sentito il campanello.
Cinque febbraio, domani è un anno. Ma un anno o un giorno, che differenza fa, tanto tutte le sere sono uguali, che lui dentro casa non ci sta.
Lo deve trovare, prima o poi lo trova.
Gli dicono datti pace. Ancora, con questa storia della pace.
Ce l’avrà, la pace, ce l’avrà, quando rivede suo figlio e lo riabbraccia, non sa più come dirlo.
Le undici. Fa freddo davvero, più di quanto credeva, forse doveva coprirsi di più. Il rumore delle suole rimbomba, forse saranno i portici.
Un passo dietro l’altro, un angolo dopo l’altro, una strada dopo l’altra.
Simone freddo non lo sente mai, chissà come fa, ha preso da suo nonno.
Era appena uscito dalla discoteca, diceva il giornale. Pensa te che storie, ci sarà andato due volte in vita sua, in discoteca.
Eccolo là, stavolta è lui. S’avvicina, ancora di più. Chi sono questi che frequenta, mai visti, certo le facce non gli piacciono, ma poi mica è detto, magari è brava gente. S’avvicina ancora un po’, guarda meglio. No, non è lui. Tutto sommato meglio così. Simone mica è tipo che sta con questi.
Mezzanotte, un passo dietro l’altro. Il naso che gli sgocciola, che figura. Ma tanto non c’è nessuno. Difficile aprire il pacchetto di fazzoletti, le mani ce le ha intirizzite, sembrano di ferro.
Come quelle di Simone, quel giorno, all’ospedale.
L’una e ancora non lo trova.
Sarà da qualche parte nei vicoli della città, magari a fumarsi uno spinello. Lui non gli dice niente, se lo vede. Lo sa anche lui che tutti se li fumano. Manco lo disturba se non vuole, basta solo che lo vede, che vede che sta bene. Magari c’ha pure una ragazza. Che sicuramente è bella, perché non ha mai scelto male, Simone.
Le due, le tre. Un altro angolo ancora.
Il cancello di casa. Pure stasera niente, ma domani lo trova.
La chiave, il portone che cigola, l’ascensore. No, le scale, meglio andare a piedi. Ultima rampa, la porta di casa. Le chiavi nella tasca interna.
Anche oggi nessun risultato.
Fatti solo vedere che stai bene, se no che deve fare, papà, deve credere che è vero quello che hanno scritto i giornali, che eri uscito dalla discoteca che ancora era presto e che non sei più tornato a casa perché un gruppo di balordi t’ha iniziato a insultare e poi hanno tirato fuori le catene, e pure i coltelli c’avevano, e t’hanno cominciato a picchiare e tu che urli chi-siete-che-volete-chi-vi-conosce-lasciatemi-andare e loro niente, che erano ubriachi e che si divertivano e adesso tocca a te, fatti sotto, dimostra quello che sai fare, si dicevano tra loro, e si passavano le catene e tu per terra, che perdi i sensi ma non il sangue perché il sangue continua a scorrere fino a quando non ce la fai più, e che t’ammazzano anche se non è proprio questo quello che volevano perché una prova di coraggio è un’altra cosa, dovevano farti solo male.
No, lui non ci crede, i giornali dicono tante di quelle idiozie.
Due giri nella toppa e niente chiavistello per fortuna, così domani dice alla moglie che è tornato presto, giusto un saluto a Giovanni e poi è risalito.
C’è un biglietto sul tavolo della cucina, domani siamo a cena da Franca.
Pensa che gli dispiace, ma che non ci potrà andare, perché anche domani sera, alle dieci, ha una cosa da fare.
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