Le storie iniziavano tutte così, che vicino c’è il fuoco e il legno che diventa piano piano rosso, le fiamme illuminavano la faccia di tutti e a un certo punto faceva caldo. Ed era sempre strano perché all’inizio tutti sentivano freddo e c’avevano i brividi.
E quando si cominciava a raccontare la storia uno si concentrava solo dopo un po’ e diceva che non aveva capito, se, scusa, potevi ricominciare da capo, che non lo facevi più, di distrarti e dai, e che ti costa.
Poi quella cosa che non si sapeva come succedeva, che mentre eri concentrato a parlare, se alzavi gli occhi all’improvviso ne sentivi altri dieci addosso che ti guardavano e che aspettavano. E allora tu una responsabilità te la sentivi, c’era qualcuno da soddisfare, una frase ancora da inventare.
Tutte così le storie regalate. Una dietro l’altra, senza sosta e senza pause. L’idea di quel momento. Che non era tardi e non era presto, che era sempre quello giusto per interrompere la vita e far fermare tutti.
E lo sapevano. Che non era un appuntamento, ma un orario inventato da rispettare per regalare un po’ di pausa.
Si snocciola adesso, tutto questo.
Poi che strano. Ci sono storie che hanno regole inverse. Il tempo non lo fermano loro, perché la fantasia non ce la fa a superare la realtà.
La storia che racconto adesso ha l’odore dell’incenso buttato sopra il legno. E non c’è pubblico e non c’è fuoco a scaldare questo freddo che dilaga e che comanda.
Un protagonista ci dev’essere sempre, dicono. Ma se succede che questo all’improvviso non c’è più, allora la storia non è storia e le parole sono suoni vuoti.
E neppure si può raccontare storie di mani e di nasi da strofinare. Di occhi lucidi e occhiali scuri per nascondere, non si può.
Non è questo.
E se le storie le fanno le parole, quelle che uscivano veloci e
inventate, adesso dove si sono nascoste.
Adesso che servono. Dove sono.
Non basterà tutta la vita e un mondo per quell’attimo di occhi chiusi. Perché li hai distratti.
Che gioco è questo se il ricordo è l’unica cosa che resta, a dispetto delle foto che non danno niente indietro.
Le storie iniziavano tutte così, col fuoco e con la legna, con le fiamme che illuminavano la faccia di tutti e il caldo che avvolgeva e toglieva il fiato.
E stavolta nessuno si concentra dopo un po’. Perché la storia la sanno già tutti. Ma così non vale.
La storia che racconto adesso non è come le altre, eppure è una storia. Di quelle che vanno alla rovescia. È una storia che sta dentro. E non esce.
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